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my little journey through myself

Parlerò solo di calcio*

In questo periodo seguo molto il calciomercato, per tutta una serie di ragioni (non ultima che la mia Inter sembra stare investendo decentemente), e mi capita di leggere la Gazzetta dello Sport con una frequenza molto maggiore del solito; son sempre stato più affascinato dagli aspetti collaterali, più che dal gioco giocato che guardo solo in occasione di partite eccezionali (mondiali, derby e, dal 2010, poco altro).

Come ho già avuto modo di scrivere ho amato Febbre a 90° e ci sono cose per le quali il fascino del fenomeno calcio si innesca e mi rapisce: Soccerconomics, Football Manager (che seguo tipo dal 1995), 11, trappola del fuorigioco, vabbè ci siam capiti…

Il tutto per dire che stamattina leggevo un articolo in cui Raiola, un personaggio se non altro discutibile, afferma:

[…] se non parli inglese non capisci gli stranieri e non puoi esportarti. Un olandese passa la vita a pensare come lasciare l’Olanda. L’italiano si preoccupa che non muoia la mamma. Ma mica per lei, perché poi non ha chi gli fa da mangiare.

Come dargli torto?


* “L’economista individua quattro peculiarità del nostro calcio: «In Italia si tende a investire poco nei giovani, escludendoli in modo sistematico da posizioni di rilievo […]; esiste un potere mediatico incontrollato che ha una forte capacità di condizionare la competizione sportiva, che dopo tutto è anche una competizione economica […]; in Italia i cosiddetti “regolatori”, vale a dire organismi, autorità e individui che dovrebbero vigilare sul rispetto delle regole, vengono sistematicamente catturati da coloro (diciamo le squadre) che dovrebbero da loro essere regolati. Infine, ci sono violazioni abbastanza sistematiche delle norme sportive e gravi forme di corruzione, un fenomeno non soltanto italiano, ma che da noi presenta caratteri di sistematicità e quasi scientificità che altrove non è dato trovare».”

Insomnia

Ovvero dalle 4 di stamattina, in un delirio che possiamo imputare un po’ ad un caffè prima di cena (ma dovevo pur provare Pact), un po’ a un figlio 4enne che “ma quando mi lascerai dormire?” e un po’ ad una digestione complessa.

Nel frattempo ho terminato un enorme refactoring, piacevole e intenso come Rocco in Racconti a pecorina, che mi ha portato via da lunedì sera, ma che mi ha tolto tante soddisfazioni.

Ora vorrei un bicchiere di vino e giocare a un videogioco a caso su qualsiasi device a portata di mano e con abbastanza batteria, aspettando che la mia significant other faccia ritorno da teatro, per poi mangiare insieme.

Poi, se va tutto bene, potrò finalmente dormire.
Che poi lo stato di veglia forzato di per sè non è così male: da Marzo 2010 a Giugno 2011 avevo una media di 7 sveglie notturne, a causa del figlio che “ma quando mi lascerai dormire?”, e tutto sommato, a parte il doversi tirare su dal letto con una redbull la mattina dopo per arrivare in ufficio, è un po’ come essere sempre un po’ brillo ma senza i fastidiosi effetti collaterali.

Vino.
Ora.

Yak Shaving

January 28 2015 - In: vita vissuta by

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Lo yak shaving è la pratica preferita dai programmatori di tutto il mondo, soprattutto in fase di refactoring.

Volevo scriverne qualcosa perchè negli ultimi giorni mi ci sono infilato in modo piuttosto violento.

È abilmente riassunta in questo stralcio da Malcom in the Middle, serie tv sottovalutatissima (c’è anche Bryan Cranston, il Walter White/Heisenberg di Breaking Bad).

La prima referenza appare su un newsgroup — non vi preoccupate se non sapete che sono, cose da nerd, ma l’inizio di internet, per capirci — che diceva:

“Yak shaving.” Our very own Carlin Vieri invented the term, and yet it has not caught on within the lab. This is a shame, because it describes all too well what I find myself doing all too often.

You see, yak shaving is what you are doing when you’re doing some stupid, fiddly little task that bears no obvious relationship to what you’re supposed to be working on, but yet a chain of twelve causal relations links what you’re doing to the original meta-task.
Jeremy H. Brown

E il riferimento originale nasce da un filmato di Ren & Stimpy che è un WTF micidiale:

yak-shaving-day

Though not a regular viewer of Ren and Stimpy, I did see the Yak Shaving Day episode and thought it bizarre enough to be the end of a long chain of tasks. The original primary task that caused me to start shaving a yak was trying to overnight a document. Getting the AI lab to pay for FedEx or DHL was very difficult at the time!
Carlin Vieri

Per quanto ne so io, però, è diventato veramente famoso per la storiella riportata successivamente da Seth Godin sul suo blog:

Yak Shaving is the last step of a series of steps that occurs when you find something you need to do.

“I want to wax the car today.”

“Oops, the hose is still broken from the winter. I’ll need to buy a new one at Home Depot.”

“But Home Depot is on the other side of the Tappan Zee bridge and getting there without my EZPass is miserable because of the tolls.”

“But, wait! I could borrow my neighbor’s EZPass…”

“Bob won’t lend me his EZPass until I return the mooshi pillow my son borrowed, though.”

“And we haven’t returned it because some of the stuffing fell out and we need to get some yak hair to restuff it.”

And the next thing you know, you’re at the zoo, shaving a yak, all so you can wax your car.

Seth Godin

In tutto questo oggi mi sento più sereno perchè ho visto la luce in fondo al tunnel, probabilmente domani potrò passare ad altro, dopo aver chiuso la catena di task apparentemente inutili che ha sbloccato il mio problema.

La better half odia essere chiamata better half, dice che questa cosa di essere metà di qualcosa non le suona giusto. Non ricordo i dettagli, che la mia memoria ha solchi profondi, ma in sostanza non le piace, ecco.

Le parole sono importanti

Quindi dovrei trovarle un altro soprannome, perchè i precedenti morosa difficile, morosa cattiva e morosa violenta poco si addicono al nostro attuale stato civile (e la parola moglie non mi piace, proprio per come suona, gl è proprio un suonaccio, diciamolo).

Peccato, perchè il respiro internazionale di better half è innegabile.

A proposito di respiro internazionale: ho provato a esportare un po’ di Emilia ruspante, spiegando ai miei colleghi il “C’at vègna un cancher”, ma diciamo che lo spirito con cui veniva detto non è facilmente esprimibile a un popolo la cui offesa peggiore è un modo volgare di dire vagina. Ok, molto volgare, ma comunque…

In ufficio, in compenso, i colleghi portoghesi e francesi stanno imparando imprecazioni e gestualità ed è molto divertente quando, seduti tra me e il mio amico/collega italiano e semi-alcolista, per prenderci in giro mimano le nostre conversazioni a distanza accompagnandole da saltuarie bestemmie con R improbabili.

Per il momento, comunque, mi sposto su my significant other, che le farà cagare comunque, ma almeno riafferma la sua individualità e rimuove la sensazione che lei fosse la metà migliore. So che in fondo in fondo era quello che le dava fastidio, me lo ricordo come se fosse ora.

Arsène

January 26 2015 - In: vita vissuta by

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Stavo scrivendo un post lungo e articolato, giuro, ma mio figlio mi ha interrotto per raccontarmi la sua giornata.

Oggi aveva il secondo incontro legato all’Arsenal, in cui avrebbero fatto una sessione di allenamento con la classe.

E insomma, mentre scrivo, esce dalla sua stanza e

Mamma mi ha detto che posso farti vedere il poster di oggi. Ecco, c’erano questo e questo

indicando Szczesny e Arsene Wenger.

SP1173-ARSENAL-team-photo-14-15

Ora, magari sta prendendo una gloriosa cantonata, ma dubito e, fino a prova contraria, passerò il resto della serata a raccogliere i resti della mia mascella frantumata sul pavimento, vi prego di avere pazienza.