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Sono già più di 24 ore e fino a una mezz’ora fa non avevo ancora versato una lacrima. Vuoi che aveva 93 anni ed era veramente stanco, pur lucido ma con tanti acciacchi; vuoi che è morto da signore, vincendo a carte con mia madre per poi incrociare gli occhi durante la cena, tra i suoi cari; vuoi che ha avuto una vita piena.

O almeno credo: mi sono reso conto che della vita di mio nonno conosco solo aneddoti. So che era carabiniere, non so se per scelta o per povertà, ma so che veniva dalla povertà, quella vera, quella che ti fa firmare per andare a fare la campagna di Russia, salvo avere un comandante che te lo impedisce perchè è un suicidio (o qualcosa del genere) e ti fa finire in Grecia.

So che è stato catturato, per finire a servire in una fattoria Austriaca, dove lo hanno liberato quando i tedeschi hanno iniziato a indietreggiare uccidendo i prigionieri e coi cui proprietari è stato in contatto per anni, mi ci ha anche portato una volta, raccontandomi di come è fuggito in sella a un asino che gli avevano donato, per poi lasciarlo al confine quando ha scoperto che passare le montagne in sella incolume tra banditi e partigiani era praticamente impossibile.

Non so per quale ragione ha troncato con la sua famiglia, so solo che non si sentiva coi suoi fratelli e sorelle, so che ha conosciuto la nonna, anche lei di Gemona del Friuli, a Genova, che l’ha sposata prima dell’età consentita per un carabiniere (vai a capire le regole di allora), forse per riparare, e che alcuni suoi colleghi lo coprivano quando saltava le notti in caserma per andare a dormire nel sottoscala dove mia nonna faceva la portinaia. E so che quando lo hanno scoperto, per punirlo, lo hanno costretto a diventare l’autista di qualche pezzo grosso dell’arma, cosa che lo portava a girare tutta Italia, lontano dalla famiglia, ma almeno senza perdere lavoro e dignità.

E non so poi quando e come è tornato in Friuli, ma so che io ho conosciuto i miei nonni paterni che già stavano là. Me lo ricordo come un uomo deciso e indurito (probabilmente sia dalla povertà sia dal servizio nell’arma), ma dolce, con delle mani enormi, che ricordo usava per sollevarmi quando mi metteva in spalla, quando io avevo l’età di Arturo oggi.

Quando mia nonna materna si è spenta dopo una lunga malattia avevo 10 anni ed ero stato mandato provvidenzialmente da dei parenti a passare il capodanno, mi hanno chiesto se volevo tornare per il funerale ma ho rifiutato, sono tornato a giocare al commodore 64 e ho solo passato la notte a piangere. Con la nonna paterna è stato diverso, ero da loro quando ha avuto l’ictus e ho rifiutato completamente la cosa, ero un 15/16enne cretino che chiedeva a suo padre se poteva farsi un tatuaggio, mentre lui moriva dentro e io mi chiudevo per evitare il problema.

Con mio nonno pensavo fosse diverso perchè forse sapevo che prima o poi sarebbe successo, ma in realtà è stato identico: l’ho detto solo ad un amico e poi mi sono rimesso le cuffie e ho continuato a lavorare alzando solo un po’ (tanto) il volume dei NOFX in cuffia. Solo pochi minuti fa ho messo a fuoco il mezzo cerchio di capelli, ancora scuri ai tempi, che vedevo quando mi portava in spalla, quando mi ha insegnato ad andare in bicicletta, quando ha ucciso un pipistrello e io l’ho odiato per la sua spietatezza, che non gli aveva fatto niente e lui non capiva perchè ero arrabbiato. E ho pianto.

Era un uomo complesso, come solo i friulani, e aveva un modo di bestemmiare tra i denti che solo i friulani, salvo ritrovare la sua via spirituale dopo la morte della nonna. E per vena spirituale intendo che andava a messa la domenica, stando in fondo in piedi e mal sopportando le tirate politiche del prete giovane, pur continuando a lamentarsi del tempo che mio padre “butta” facendo il diacono in parrocchia (aggiungete qui una qualsiasi bestemmia tra i denti).