Attention whore

Non mi piace citare dove lavoro, non l’ho mai fatto troppo (a parte nel periodo a Spreaker, ma perchè era una startup, c’era uno spirito pioneristico, mi sentivo parte di una stretta cerchia), soprattutto quando lavoro per ditte grosse, perchè non voglio che ci sia l’enfasi del “Wow, lavori a…”*.

Non che non ne sia fiero, o che non ne parli affatto, anzi, ci sono circostanze in cui lo cito, anche spontaneamente e con soddisfazione, ma il più delle volte c’è da cercare il mio linkedin per saperlo, soprattutto se mi si conosce solo online.

Farò un’eccezione per affermare un punto.

Ieri si è presentata negli uffici la BBC, per fare un pezzo sulla ditta. Ora, io non ci avrei manco pensato, ma è arrivata una mail chiedendo se qualcuno non volesse essere ripreso e mi è venuto naturale rispondere che, potendo scegliere, avrei preferito evitarlo.

Piccolo inciso: ho pochissime foto dei miei Natali da adolescente, perchè non volevo me ne si scattassero. Direi che ero il classico esempio di idiota da competizione: mio zio cercava di farmi le foto di nascosto e io, accorgendomene, mi coprivo o giravo.

Forse centra, forse no, ma insomma, in questo caso mi sembrava naturale.

In tutto questo si è presentata l’assistente personale del nostro presidente, ragazza un filo uptight, mentre guardavo questo (NSFW) (e per fortuna che ho le shortcut per spostare le finestre e l’ho coperto al volo con nonchalance), per assicurarsi che fossi a mio agio con la cosa, dicendo che mi avrebbe tenuto al corrente degli spostamenti del cameramen etc etc.. e a quel punto ho capito che non c’era molto di naturale in tutto ciò, che la mia antipatia per la videocamera anche sticazzi e che forse non ne valeva la pena, però ormai lei sembrava crederci molto e mi spiaceva dirle che poi, in fondo, faceva anche lo stesso.

Quindi ho seguito le sue indicazioni e mi sono spostato quando c’era da spostarsi.

Oggi, dopo che la cosa è andata in onda ieri sera, un mio collega mi ha poi chiesto perchè non volevo essere ripreso e francamente non ho saputo rispondergli; lui era convinto che mi piacesse stare sotto i riflettori, che “dai, parli alle conferenze anche per quello, per l’attenzione che ti danno”… e in un certo senso ha anche ragione, però c’è di più: non è tanto il riflettore quanto l’adrenalina. Essere sul palco, dai tempi del gruppo, mi ha sempre regalato botte di adrenalina, per via della paura, perchè in fondo non mi piace starci, mi piace il prima, mi piace il dopo, ma il mentre…

Però poco importa il perchè, sia che fosse attenscionwhorismo, sia la botta di adrenalina non sono le motivazioni giuste per portare un talk a una conferenza e forse è il tempo di ripensare se ha senso, per me e in questa fase, presentarmi a una call for paper, meglio il dietro le quinte.

Oh, se qualcuno si chiedesse come sono andati gli sforzi di Tutte: minuto 1 e 35 secondi

* Si, lo so che è uscito un articolo sul Fatto riguardo ai cervelli in fuga che raccontava la mia storia (credo di aver capito male cosa intendevano con cervello in fuga, quando mi hanno chiesto l’intervista), ma lì è spersonalizzato: solo un infinitesimo di quelli che l’hanno letto mi conoscono personalmente