Recentemente ho iniziato a notare le somiglianze tra il ruolo di manager a quello di genitore. Non tanto perchè considero il mio team un gruppo di ragazzini, quanto perchè gli strumenti e le competenze sono in larga parte sovrapponibili: ascolto, scegliere le proprie battaglie, dare spazio per sbagliare cercando di mitigare i rischi correlati, etc.

Tutto vero, ma in fondo non altro se non una proiezione del mio vissuto: anche se essere genitore non mi definisce a 360 gradi, aver un figlio in pre-adolescenza prende buona parte delle mie energie, mentali e non.

E se prima, molto prima, vedevo un team come un gruppo musicale, o riscoprivo nel lavoro i valori scout – quali "lasciare questo mondo un po' migliore di quanto non l'avete trovato" o "chi non ha mai sbagliato non ha mai fatto nulla" – era perchè queste esperienze sono parte fondante dell'adulto che sono diventato.

Siamo frutto delle nostre esperienze e, nel bene e nel male, leggiamo la quotidianitá attraverso queste lenti fatte su misura: chiedendo a 10 sconosciuti la prima parola che gli viene in mente legata al termine "amore", si otterrebbero risultati incredibilmente diversi.

Pensando alla Code of Conduct per From the Front, scrissi: "embracing diversity gives us the ability to grow as professionals and people".

Il Diversity & Inclusion Statement di Condé Nast International diceva 1  "We strive to inspire and engage audiences from every background and every continent. Diversity within our company is not only fair, it is good business".

E son solo modi diversi di esprimere lo stesso concetto: la proiezione di noi stessi non è abbastanza per capire un mondo di esperienze che non ci appartengono; riuscire a arricchire la propria visione con le lenti di altri ci rende piú pronti a leggere il mondo e a relazionarci con esso.


1. con il merger tra CNI e CN si sta lavorando a una versione aggiornata.