Mi son ritrovato in una conversazione interessante, allacciate le cinture e prendete la xamamina che si fa lunghetta.


Come al solito però la prendo da lontano. Non ricordo quando, ma non meno di 4/5 anni fa, ricordo che Cirpo e io ci trovammo invischiati in una conversazione riguardo la passione per il codice come requisito per un ruolo di sviluppo. Entrambi la pensavamo in modo molto simile 1 , ovvero che la passione non può (nè deve) essere un requisito: non ha nulla a che fare con l'essere un professionista, nè con la qualità del risultato finale o con le capacità del candidato di collaborare coi colleghi. La passione è una dimensione trasversale a quello che cerchi in una persona per una posizione del genere 2 .


Un tema ricorrente del nostro domani odierno sono le politiche di D&I – diversity e inclusion o, per i meno anglofoni, diversità e inclusione. La classica domanda, rimbalzata anche pochi giorni fa su uno slack per engineering manager, è Should I lower the bar to focus on diversity hirings? 3 .


La domanda, tipicamente, arriva da chi vuole sentirsi dire , per poi rompere il cazzo su come la cultura woke distrugga l'eccellenza e di come loro preferiscano la meritocrazia.

Dunque.


In privato mi ritrovo a chiaccherare con Lee, un ex collega di Condé Nast. Lee, un software engineer molto bravo che appartiene – non visibilmente – da un under-represented group, pensa che

yes you should lower the bar for under-represented groups
what do you mean that's unfair to white folks? so what?

e io capisco bene il suo dito medio. A dire il vero la penso in larga parte allo stesso modo. È la cosa giusta da fare sia dal punto di vista etico, sia dal punto di vista della scelta di business.

È di fatto stupido fare il contrario.

Ma.


Quando ho visto SLC Punks! per la prima volta mi ha devastato.

Non so bene come raccontare la storia senza fare spoiler, ma è anche un film di 23 anni fa e nemmeno particolarmente bello, quindi se non l'avete ancora visto dubito di rovinarvi qualcosa, quindi proseguo con lo spoiler (solo il prossimo paragrafo, potete ricomincare dopo il video).

Da come mi è rimasto in mente, è la storia di 2 ragazzi a Salt Lake City che vivono seguendo gli slogan no feelings / no future del punk. Una vita relativamente disagiata e dissoluta, che alla fine porta uno dei 2 a rimanerci per droga – pur non essendo un tossico, a causa di una serie di circostanze – e l'altro a decidere di cambiare vita e "rientrare nel sistema".

Fine del film, e fine spoiler

La mia risposta è concettualmente la risposta nel titolo: no, non devi abbassare la barra, devi guardare alla barra e capire perchè è definita così, e magari chiederti che cosa puoi farci, con quella barra 4 .

Il privilegio di non essere toccato direttamente dal problema mi permette di far passare in secondo piano dito medio che si meriterebbe chi, pure in buona fede, pone quella domanda e tentare il dialogo sulla barra 5 .

Perchè la barra è il centro di tutto.


Quando assumo qualcuno cerco una persona affidabile, che riesca a calarsi nel ruolo all'interno del team, potenzialmente ad estenderne il punto di vista su aree non ancora coperte. Scrivere codice è uno skill imparabile sul lavoro, mentre essere in grado di collaborare, per fare un esempio a caso di uno skill spesso sottovalutato, è estremamente più difficile.

Il codice è quasi sempre solo un by-product del lavoro e se il lavoro è fatto male, il miglior coder non può risolvere nessun problema.

Quando la domanda è se bisogna abbassare la barra in favore di un diversity hire, quello che si sta chiedendo veramente è: ciao, sono il gatekeeper e ho messo delle regole che permettono solo a quelli come me di entrare, dovrei cambiarle in favore di un approccio più inclusivo?

Sì.


1. Cosa che mi rincuora: stimo molto l'opinione di Cirpo.

2. Tra l'altro vorrei chiedere agli sviluppatori in sala quand'è l'ultima volta che hanno fatto qualcosa di veramente eccitate al lavoro vs chores e se è la loro passione o la loro professionalità che li fa alzare ogni mattina per mettersi 8 ore davanti a un laptop.

3. . Ma anche no. Ora ci arrivo, scusate per la distrazione.

4. Pun intended

5. E no, non sto dicendo che la gestisco meglio, grazie al mio privilegio, sto dicendo che la gestisco diversamente perchè il mio privilegio mi permette di astrarre da un impatto diretto su di me, mi permette di mettermi al livello del mio interlocutore, che discute con freddezza "pseudo-analitica" di temi che per altri sono la realtà di tutti i giorni, con impatti molto reali sulle loro vite.