Un paio di conversazioni interessanti al lavoro mi hanno portato a pensare un secondo a qualcosa a cui tendenzialmente, almeno in tech, tendiamo a non voler guardare troppo da vicino:

Il capitalismo fa tendenzialmente schifo.

Ora, non prendete questa affermazione come un generalizzato sfogo socialista 1 , lasciatemi contestualizzare: quasi tutte le aziende nascono con la più o meno dichiarata raison d'etre di far soldi, e tendenzialmente il più possibile. Certo, c'è qualche illuminato che punta a creare aziende "sostenibili", ma si tratta di mosche bianche.

Questo comporta che per il 99.9% dei casi, qualunque attività le aziende promuovano, dalle green policy ai benefit aziendali, sia orientata a un ritorno 2 .

E arrivati a questo punto, un lettore un po' attento potrebbe dirmi:

Grazie Al Cazzo

Ma non è il punto che voglio fare.

Il punto che voglio fare è che si tratta di un'informazione relativamente isolabile in un cassetto nella soffitta del proprio cervello, quando le cose vanno bene. Cosa che noi, in tech, facciamo spesso, perché ci piace pensare di stare cambiando il mondo per il meglio.

Poi a un certo punto, metti che il vento dell'economia giri – per dire, da quel cassetto inizia a uscire un odore brutto, e noi, che avevamo completamente dimenticato cosa avevamo messo dove, ci ritroviamo a seguire l'odoraccio fino a ritrovare il cassetto e rimanere un po' scioccati dal suo contenuto.


Parlavo con una collega, che mi raccontava come le reazioni emotive di un suo minion 3  erano principalmente legate al fatto di essere, professionalmente, "cresciuto nella bambagia": un lavoro solo, appena uscito dall'università, ambiente godevole, in periodo di crescita economica.

Ora che le cose si stanno aggiustando, inizia a vedere le prime crepe nel suo paesaggio idiliacco e "non ci sta".

Secondo lei è un'ottima opportunità di crescita realizzare che dietro la nostra azienda c'è un gruppo di investimento e che, alla fine della fiera, son lì per fare soldi e non sempre per coccolare i dipendenti. Un reality check, diciamo.


Qualche tempo dopo, ho avuto una riunione con detta collega e un suo "pari grado" per valutare l'impatto di un annuncio – positivo – in un contesto in cui i cambiamenti vengono a volte visti come minacce allo status quo, e l'altro ha faticato a elaborare la cosa.

Niente di sopra le righe, sia chiaro, stiamo parlando di persone con un discreto livello di seniority, ma era evidentemente a disagio con alcune nuances della comunicazione. E non c'é niente di male, capisco benissimo 4 .

Il dubbio che ho, però, è come fare ad aiutare il collega, direttamente o con l'aiuto del suo manager, procedendo nel suo percorso di crescita, man mano  la tenda verrà alzata più e più volte, e che la sausage factory diventerà sempre più visibile.

Perché non esiste azienda al mondo, in cui raggiunto un certo livello di leadership non si è esposti a una visione, ancorché parziale, della parte brutta. E non è nemmeno questione di diventare cinici e accettare tutto passivamente, o mettere i propri principi nel cassetto e lasciare quelli ad appassire.

Il punto, il mio se non altro, è trovare un equilibrio in cui i principi "operazionali" siano chiari e ben definiti, non stridano con quelli personali, e si possa cercare di trovare una quadra tra i due. Se questo equilibro salta è quando è ora di move on.


Poco dopo la mia promozione, mesi fa, son uscito con degli ex colleghi che mi conoscevano come Tech Lead / Engineering Manager, e mi scherzavano dicendo che ormai, da Director, ero "been tainted by the shit".

Non esiste un cassetto che tenga l'odore 5 .


1. detto che non ci sarebbe niente di male

2. economico, d'immagine, etc.

3. come si dice line-managee in italiano? mi vengono in mente solo parafrasi elaborate.

4. e parlandone con Irene, lei stessa se n'è uscita con "sei tu 2 anni fa", al che io le ho risposto "son io 2 settimane fa: ho avuto esattamente la stessa conversazione con il mio line manager al riguardo. Poi, quando mi ha spiegato le ragioni, son passato al disagree and commit 🤷‍♀️ "

5. Q: aspè ma quindi il capitalismo è una roba che va male in un cassetto? è una merda? è una fabbrica di salsicce? troppe metafore, non si capisce.
A: ma che ne so, è Venerdì sera, nella mia testa aveva un senso. Esci, vai a toccare l'erba 6 

6. In tutto questo, questa settimana un caro amico ha linkato un suo talk in cui spiega come fare l'allenatore di calcio a ragazzini gli abbia dato di più di qualunque altro tipo di formazione professionale e dice una roba incredibilmente rilevante (che parafraso): "il mio ruolo non è tanto insegnargli a giocare a pallone, il 99.9% di loro non arriverà mai al professionismo e quel 0.1% giocherà a un altro sport rispetto a quello a cui li faccio giocare io, il mio ruolo è aiutarli a processare quello che succede, in allenamento, sul campo, tra di loro"