cedmax

my little journey through myself

A volte penso che i miei figli in realtà siano come quelli del Villaggio dei dannati (il che spiegherebbe la loro bionditudine anche meglio delle foto di me e better half da piccoli), che conoscano i miei punti deboli e li sfruttino a loro piacimento.

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Non è stato un weekend particolarmente intenso di per sè, ma entrambi hanno avuto i loro momenti e il grande, quando sbrocca, tende all’urlo e all’arroganza, cosa che mi fa chiudere più di una vena.

Io di conseguenza mi inasprisco nella mia inamovibilità, con conseguenti critiche della better half che mi vorrebbe più votato alla risoluzione, col solo risultato di farlo urlare di più.

Razionalmente so che ci sono tanti modi diversi per gestire la cosa e a volte riesco anche ad applicarli, ma quando ci sono le giornate storte per entrambi la casa diventa un po’ un campo di battaglia. Vivaddio i weekend così finiscono e il giorno dopo siamo tutti amici come prima, che credo sia la lezione migliore che posso portare a casa da mio figlio: ci si dorme sopra e il mattino dopo siamo bimbo e babbo, anche se la sera prima abbiamo sclerato entrambi.

Mentre la better half delizia la cena dei bambini con Don’t worry, be happy all’ukulele penso a come, a volte, vengo fulminato da alcuni pezzi, per l’atmosfera, per l’energia, perchè semplicemente funzionano molto bene.

ciak

Quando componevamo con la band, il metro per decidere se un pezzo funzionasse era riuscire a immaginarsi una telecamera che girava mentre suonavamo il pezzo. Girava non nel senso figurato del riprendere, siamo nati troppo tardi per avere memoria della super 8, girava nel senso letterale del cameramen che gira attorno, riprendendoci.

Ci sono certe canzoni che hanno questa caratteristica intrinseca alla canzone stessa, al di là del genere, del gruppo, delle sue capacità di esecuzione o composizione.

Possono piacere o meno (i gusti son gusti e in tantissimi hanno gusti di merda: le mosche si sa dove sciamano), ma è innegabile che abbiano un non so che, seguano forse una qualche regola aurea o ritmo atavico che le fa in qualche modo toccare certe corde.

È un po’ che non faccio una compilation — e ho le mie buone ragioni —, e non ho pretese di farne una ora, perchè le compile hanno la necessità di essere studiate in un modo che finora ho sentito riassumere bene solo in Alta Fedeltà.

Ciononostante voglio offrirvi una selezione minima di brani in cui la telecamera gira, alcuni pezzi che stanno in piedi da soli, senza nient’altro attorno


E vi offro anche la bonus track che non c’entra un cazzo

La celebrità

January 23 2015 - In: vita vissuta by

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Attention whore

Non mi piace citare dove lavoro, non l’ho mai fatto troppo (a parte nel periodo a Spreaker, ma perchè era una startup, c’era uno spirito pioneristico, mi sentivo parte di una stretta cerchia), soprattutto quando lavoro per ditte grosse, perchè non voglio che ci sia l’enfasi del “Wow, lavori a…”*.

Non che non ne sia fiero, o che non ne parli affatto, anzi, ci sono circostanze in cui lo cito, anche spontaneamente e con soddisfazione, ma il più delle volte c’è da cercare il mio linkedin per saperlo, soprattutto se mi si conosce solo online.

Farò un’eccezione per affermare un punto.

Ieri si è presentata negli uffici la BBC, per fare un pezzo sulla ditta. Ora, io non ci avrei manco pensato, ma è arrivata una mail chiedendo se qualcuno non volesse essere ripreso e mi è venuto naturale rispondere che, potendo scegliere, avrei preferito evitarlo.

Piccolo inciso: ho pochissime foto dei miei Natali da adolescente, perchè non volevo me ne si scattassero. Direi che ero il classico esempio di idiota da competizione: mio zio cercava di farmi le foto di nascosto e io, accorgendomene, mi coprivo o giravo.

Forse centra, forse no, ma insomma, in questo caso mi sembrava naturale.

In tutto questo si è presentata l’assistente personale del nostro presidente, ragazza un filo uptight, mentre guardavo questo (NSFW) (e per fortuna che ho le shortcut per spostare le finestre e l’ho coperto al volo con nonchalance), per assicurarsi che fossi a mio agio con la cosa, dicendo che mi avrebbe tenuto al corrente degli spostamenti del cameramen etc etc.. e a quel punto ho capito che non c’era molto di naturale in tutto ciò, che la mia antipatia per la videocamera anche sticazzi e che forse non ne valeva la pena, però ormai lei sembrava crederci molto e mi spiaceva dirle che poi, in fondo, faceva anche lo stesso.

Quindi ho seguito le sue indicazioni e mi sono spostato quando c’era da spostarsi.

Oggi, dopo che la cosa è andata in onda ieri sera, un mio collega mi ha poi chiesto perchè non volevo essere ripreso e francamente non ho saputo rispondergli; lui era convinto che mi piacesse stare sotto i riflettori, che “dai, parli alle conferenze anche per quello, per l’attenzione che ti danno”… e in un certo senso ha anche ragione, però c’è di più: non è tanto il riflettore quanto l’adrenalina. Essere sul palco, dai tempi del gruppo, mi ha sempre regalato botte di adrenalina, per via della paura, perchè in fondo non mi piace starci, mi piace il prima, mi piace il dopo, ma il mentre…

Però poco importa il perchè, sia che fosse attenscionwhorismo, sia la botta di adrenalina non sono le motivazioni giuste per portare un talk a una conferenza e forse è il tempo di ripensare se ha senso, per me e in questa fase, presentarmi a una call for paper, meglio il dietro le quinte.

Oh, se qualcuno si chiedesse come sono andati gli sforzi di Tutte: minuto 1 e 35 secondi

* Si, lo so che è uscito un articolo sul Fatto riguardo ai cervelli in fuga che raccontava la mia storia (credo di aver capito male cosa intendevano con cervello in fuga, quando mi hanno chiesto l’intervista), ma lì è spersonalizzato: solo un infinitesimo di quelli che l’hanno letto mi conoscono personalmente

I apologise [sic] | I may need this some day.

Cause I never feared consequences.
Hate regrets more than apologies. — Nofx

Chiedere scusa è una merda. Però ci sta.

La parte complessa non è tanto riconoscere di avere sbagliato, ma l’ammetterlo senza cercare attenuanti. “Scusa, ma…” è una delle cose di cui mi vergogno di più (non mi vergogno di molte cose, quasi niente a pensarci bene, ma questa sì, e mi ci è voluto tempo per arrivarci).

A farla breve, comunque, Better safe than sorry è una cazzata, ci sta tutto prendere un rischio e sbagliare, la differenza è come si affronta l’errore e le attenuanti devono dartele gli altri, non devi cercarle tu.

Dedicato alla better half, che ieri aveva ragione.

Nothing really

January 21 2015 - In: monomanie by

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Ho deciso, spinto dall’impeto di questo rush di scrittura, che è ora di curare un po’ il blog.

cedmax.net

Seguendo il principio fortemente italiano del cambiare tutto per non cambiare niente, ho intenzione di riscrivere tutto il tema, mantenendo il layout pressochè identico, ma responsivo.

Non mi piace prendere impegni per cose del genere (google solo sa quanti di questi propositi giacciono sepolti tra i post di questo blog) ma credo che tra la tube, qualche pausa pranzo e alcune serate ce la si possa fare.

Inoltre ho bisogno di scrivere un po’ di codice fuori dal lavoro.
Better half permettendo.